mercoledì 11 agosto 2010

Il mese di Ramadan: le imprese agricole fanno i conti con i digiuni dei fedeli musulmani

Nelle melonaie della bassa mantovana, una delle zone agricole lombarde che conta il maggiore numero di braccianti stagionali extracomunitari, si confida paradossalmente nel maltempo. Comincia oggi il mese del Ramadan, i trenta giorni di preghiera e digiuno, durante i quali i fedeli islamici devono astenersi, tra le altre cose, dal cibo, acqua compresa.


Lavorare sotto il sole cocente, in campagna, senza assumere liquidi dall'alba al tramonto non è uno scherzo, e gli imprenditori agricoli lo sanno bene. Le associazioni di categoria, con le parti sindacali, hanno tentanto fino all'ultimo di raggiungere un accordo sull'organizzazione del lavoro, cercando di mettere nero su bianco una deroga all'alimentazione per il mese di preghiera, ma anche quest'anno la battaglia dell'acqua l'hanno vinta gli stagionali musulmani: il digiuno non si tocca.

E così, finita definitivamente in soffitta la soluzione scovata lo scorso anno, che prevedeva che i braccianti, pena il licenziamento, firmassero una liberatoria nei confronti del datore in caso di malore, le imprese agricole locali affronteranno i prossimi trenta giorni in ordine sparso. Con un filo rosso però che tenta di tenere insieme le esigenze di oltre un migliaio di lavoratori, intenti a seguire un mese di digiuno, e le necessità produttive di chi i meloni li deve raccogliere.

Alcune semplici regole che i datori dovranno fare in modo di applicare, salvo la possibilità di vedersi recapitare multe salate che possono arrivare fino a 3mila euro. Il comitato paritetico per la sicurezza in agricoltura, l'ente bilaterale che riunisce datori e sindacati, assieme alla Asl di Mantova, ha stilato un documento in base al quale gli agricoltori devono garantire ai propri addetti copricapo, maglietta bianca, crema solare e acqua, da bere e per rinfrescarsi.

Accanto ai dispositivi di protezione, inoltre, devono essere previsti turni di pausa in luoghi freschi o aree ombreggiate, magari costruendo dei gazebo se non ci sono alberi a sufficienza. «Il clima ci sta dando una mano, il grande caldo sembra essere passato», spiega il direttore del dipartimento di prevenzione medica della Asl di Mantova, Massimo Arvati. «Ciò che siamo riusciti a fare – aggiunge – è stato di stabilire alcune regole di prevenzione: gli ispettori della Asl, una ventina al lavoro in questi giorni, procederanno con la normale attività di controllo perché sia garantita la sicurezza sul lavoro». A Sarmide, uno dei tre comuni che, insieme a Rodigo e Viadana, fa parte del distretto del melone - che riunisce una cinquantina di imprese - allo spauracchio delle ispezioni ci credono fino a un certo punto, anche se gira la voce che qualche controllo sia stato già fatto. «Ci tirano all'esasperazione», racconta Guido Malavasi, proprietario di un'azienda agricola di 70 ettari, 20 dei quali destinati a melonaia. «Lo scorso anno ho speso 800 euro per le bottiglie di acqua potabile e non hanno bevuto; ho provato con il distibutore ma neanche quello ha funzionato. La scorsa settimana ho distruibuito magliette bianche che dopo due giorni erano diventate canottiere. E per i piedi? Vengono a lavorare in infradito e non c'è verso di fargli cambiare idea»...

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